Di fronte alle notizie drammatiche che ci sono arrivate dall’Afghanistan non possiamo che esprimere, come prima cosa, il nostro cordoglio per la morte dei militari italiani caduti nel conflitto.
Un cordoglio autentico e profondo e una vicinanza di affetto alle famiglie così duramente colpite.
L’attentato suicida, avvenuto sulla strada dell’aeroporto di Kabul, ha provocato la morte di sei paracadutisti della Folgore e ne ha ferito altri quattro. Altre 10 vittime afgane accanto agli italiani.
Un disastro, insomma, un lutto gravissimo per il nostro Paese. Ma non siamo affatto disposti ad accettare la logica perversa del tacere di fronte al lutto nazionale: logica che sempre viene invocata in questi casi e sempre ha permesso, in occasioni di incidenti alle nostre truppe, di stendere veli pietosi e smemoratezze colpevoli sulla guerra di Kabul (come su altre guerre in verità) e le sue motivazioni.
“Siamo là per la libertà”, ha subito recitato da copione il premier Berlusconi, che di libertà conosce solo quella di despoti e monopolisti come lui. Siamo là invece al seguito di una guerra insensata, che il presidente Bush mise in campo otto anni fa e che non ha prodotto altro che disastri dopo disastri, con civili afgani uccisi di continuo e penose messe in scene di mimetica di democrazia elettorale. che dovrebbero suscitare soltanto sdegno e preoccupazione per l’involuzione politica che producono in quell’area strategica per il mondo. Siamo là al servizio di calcoli di influenza geopolitica che il Pentagono e la Casa Bianca elaborarono prima e dopo l’attentato alle Torri Gemelle. Siamo là per la pretesa di troppi gruppi dirigenti italiani di farsi belli di fronte all’opinione pubblica occidentale per via militare.
La missione italiana in Afghanistan ha perso qualsiasi camuffamento da missione di nation building e peace keeping. Anche i nostri stanno sul campo per fare la guerra. Ci stanno perché fanno quello che il potere politico e le istituzioni preposte chiedono loro. Perché un governo irresponsabile e un Parlamento incapace di far rispettare almeno i suoi mandati si ostinano nell’insensatezza di una guerra senza Costituzione.
Noi chiediamo un atto immediato da parte del governo perché cessi la nostra partecipazione alla guerra e i soldati italiani vengano richiamati.
E ci aspettiamo che qualcuno in Parlamento batta un colpo.
Che si facciano finalmente i conti con la realtà.
giovedì 17 settembre 2009
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Sono d'accordo su tuttto e spingo affinché si faccia pervenire al nostro governo una richiesta di immediata cessazione della guerra e il ritiro delle truppe.
RispondiEliminaAnche se poi parlando con le donne in nero che in aghanistan ci sono state,loro dicono che gli afgani hanno paura della nostra partenza, sarebbe un paese lasciato in mano allo sciacallaggio.
Forse si potrebbe riflettere su un'altra soluzione?
Concordo con Silvia, la presenza italiana in Afghanist è un vulnus costituzionale che ancora urla vendetta - da questo punto di vista è drammaticamente più coerente La Russa quando ammette candidamente che la nostra non è una missione di pace e che i soldati sono lì in guerra - ma il "semplice" ritiro delle truppe non mi pare la soluzione...
RispondiEliminaVoglio dire che andarsene semplicemente adesso vorrebbe dire restituire ai Talebani un territorio incontrollato e incontrollabile sul quale ripristinare il completamente il loro regime...
Ovviamente penso che non ci si sarebbe mai dovuti imbarcare in un impresa del genere, ma ormai il danno è fatto e temo che il ritiro immediato, senza se e senza ma non sia la soluzione...
Ovviamnete alla domanda "alternative?" non sono in grado di dare una risposta...
Abandonare l'Afghanistan?
RispondiEliminaGiammai. Ma permettetevi di notare che se io abbandono un luogo è quando lo abbandono con la cooperazione, gli porgo l'embargo, non o sostengo per uno sviluppo sociale dei suoi abitanti. Quando nego ai suoi abitanti asilo politico. Quando non offro loro gli strumenti per camminare da soli.
Ritira le truppe significa lierare l'Afghanistan.
L'alternativa è semplice, unica e quasi elementare: ritirare le truppe e nel frattempo investire seriamente sulla popolazione, sulla cultura, sulle opportunità del popolo afgano.
Le armi, gli eserciti, le battaglie non sono e non saranno mai uno strumento di pace, tantomeno di democrazia.
E allora, una missione di pace, fatta con le armi, è solo ed esclusivamente, alla faccia dei demagoghi (che ci teniamo anche in Sinistra e Libertà), occupazione militare.
La polveriera è esplosiva perchè da 30 anni in Afghanistan ci sono occupazioni militari straniere, guerre, povertà. L'Afghanistan sta divedando la miccia anche per il Pakistan, per il Turkmenistan, per l'Iran. E allora, andarsene, dichiarare finito l'impiego delle armi ed iniziare un serio percorso di aiuto alla popolazione è l'unica soluzione per disinnesare una guerra eterna.
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RispondiEliminaPer Luca: la prossima volta scrivi un po' meglio che certe cose non si capiscono chiaramente :-)
RispondiEliminaNo, non basta, la presenza dei militari, per quanto aberrante sia, dà a quella popolazione sicurezza. Forse l'occupazione militare dovrebbe avere un ruolo studiato ad hoc.